Storie di un sì alla Vita

Quelle che seguono sono solo alcune storie scelte tra le centinaia vissute dal CAV.

Quando l'incontro con la volontaria del CAV diventa decisivo per dire sì alla Vita

La situazione familiare di O., sposata con due figli, è piuttosto grave.

Fino a dicembre scorso assieme al marito (ma lei lavorava in nero) hanno gestito un negozio di parrucchiere. Ma le tasse eccessive, la concorrenza e la riduzione della clientela hanno costretto i due a chiudere l’attività.

In questo contesto O. resta incinta. Il marito non avrebbe voluto ma O., rimasta praticamente senza redditi (il marito si arrangia con qualche lavoro di taglio di capelli a domicilio e in nero) e spinta anche dai parenti, aveva deciso di abortire per cui si reca presso l’ospedale Rummo di Benevento.

Qui incontra la volontaria del Centro di Aiuto alla Vita che le si avvicina tentando di aprire una conversazione. Ma O. sfugge ed entra rapidamente nel reparto. La volontaria l’aspetta in uscita e riesce a parlarle per un po’.

La settimana successiva, la stessa volontaria la incontra di nuovo mentre entra  nel reparto IVG invitandola ancora a soprassedere assicurandole un sostegno economico e preghiere. Ma lei sia mostra irremovibile.

Passa ancora una settimana e O. ritorna al reparto ma stavolta solo per avvicinare la stessa volontaria, in turno sempre in quel giorno, dicendole che, grazie al suo intervento, aveva riflettuto molto e cambiato idea accettando la gravidanza.

           Successivamente è ritornata  al CAV assieme al marito dove ha incontrato il presidente il quale, anche per dare alla coppia  un segnale di vicinanza concreta, le ha offerto la somma di 100 € per le analisi a pagamento prescritte dal ginecologo del consultorio. La coppia si è mostrata felice dell'incontro e riceverà per sostenere questo bambini  il Progetto Gemma, ovvero la somma di 2880€ in 18 rate mensili.


Quando la vicinanza e la solidarietà aiutano una mamma ad accogliere il figlio


La volontaria ha incontrato M. assieme al convivente nel momento in cui ella di accingeva a prenotare l’aborto.

Dopo averli avvicinati ha cercato di aprire un dialogo con i due che fortunatamente hanno accettato.

Lui ha lavora come bracciante agricolo con attività stagionale e precaria e senza alcun contratto di lavoro. Lei lo ha raggiunto due anni fa dalla Romania e l’aiuta nello stesso lavoro e nelle stesse condizioni. Al momento, però, sono senza lavoro e si sentono soli con un fitto da pagare.

Non solo, i due non sono ancora in regola col permesso di soggiorno, al momento solo provvisorio, e senza assistenza sanitaria. Questa circostanza è sembrata uno dei motivi per cui il ragazzo ha fatto pressione su M. affinché abortisse: “se stai male, senza medico come farai?” diceva. Ed effettivamente questa gravidanza si era presenta con qualche dolore che e faceva presagire problemi per la salute di M.

Al che la volontaria ha accompagnato la ragazza presso il pronto soccorso dell’ospedale dove si è sottoposta a un’ecografia e a una visita ginecologica. Tutto bene.

Poi la promessa di visite gratuite da parte di un nostro amico ginecologo e un aiuto economico per la loro difficile siruazione. E questo interessamento e vicinanza del CAV ha rasserenato i due. Infatti, il giorno dopo la ragazza ha telefonato alla volontaria dicendole che avrebbe accettato l’aiuto offertole, il progetto Gemma, e accolto il bambino.


I figli come la sola ricchezza. Una storia di povertà estrema.


K., sposata, ha 4 figli e ora è in attesa del quinto. E' già assistita dal CAV con l’ultimo di appena 9 mesi.

Il marito non riesce a trovare lavoro stabile e si arrangia con parcheggi e richieste di aiuto dai servizi sociali e Caritas.

K. aveva tenuto nascosta questa gravidanza al marito ben sapendo che egli non avrebbe accettato questo bambino. E infatti non appena ne è venuto a conoscenza è andato su tutte le furie pretendendo che la moglie abortisse.

E così l’aveva accompagnata dal medico abortista il quale, però, avendo constatato che la gravidanza superava il terzo mese (3 mesi e mezzo), aveva detto che non era più possibile  eseguire l'aborto.

Ancora imbufalito, si presenta al CAV da solo per   informarci della novità e chiedendo, in tono quasi di rimprovero, attribuendo al CAV la decisione della moglie, un aiuto concreto di fronte a una situazione familiare oggettivamente difficile.

Certo, con le categorie abortiste di oggi K. avrebbe avuto tutti i motivi per abortire: quattro figli di cui uno in tenera età, povertà assoluta, abitazione abusiva, assenza di lavoro e per giunta con quattro parti cesarei alle spalle e con la prospettiva di un quinto (da sottoporre al Telefono Rosso).

Ma non ce l’ha fatta a rifiutare questo figlio. Se l’avesse detto prima al marito questi l’avrebbe costretto ad abortire. Così l’ha informato solo quando non si poteva far nulla.

Una grande sensibilità di cui il CAV, che conosce K. essendo stata in contatto con lei per tanto tempo, non è estraneo. Non ha chiesto soldi, né abbiamo promesso soldi. Sa, però, che il CAV anche stavolta non l'abbandona. Su un aiuto in pannolini e latte, come per gli altri figli, può certamente contare.

Invece ha ricevuto proprio un aiuto economico col Progetto Gemma: 160 al mese per 18 mesi.

Il Signore ha premiato questa coppia che aveva 4 figli maschi, donando una splendida bambina, capelli biondi e occhi azzurri, con grande gioia di tutti e specialmente del papà.


Collaborazione con i servizi sociali


La segnalazione per questo caso è arrivata dall’assistente sociale che segue persone come A. nell’ambito del progetto SPRAR.

A., sposata con una bambina di sette mesi, saputa di questa nuova gravidanza e spinta anche dal marito, aveva deciso per l’aborto che era stato fissato per il 28 novembre scorso.

Nel frattempo l’assistente sociale, che ha conosciuto il CAV di Benevento durante il suo periodo di tirocinio svolto presso l’ospedale Rummo, ci aveva contattato chiedendo un colloquio con A. allo scopo dissuasivo dell’aborto. Da premettere che già ella aveva cercato di convincere la donna a portare avanti la gravidanza.

Il colloquio è avvenuto sabato scorso 26/11/17 (durante il quale sono state mostrate immagini del bambino nel grembo, offerta di aiuti, visite, ecc) e A. si convince a tenersi il bambino.

Purtroppo, sembra che lei abbia subito nel suo paese diverse violenze che l’hanno segnata duramente. Infatti abbiamo preso contatti con una psicoterapeuta per aiutare A. a superare una forma di depressione sorta a seguito della nascita della prima bimba.

I rapporti col marito sono un po’ altalenanti ma le assistenti sociali lavorano per sostenere la famiglia.

Il progetto Sprar dura sei mesi (A. ha già il permesso di soggiorno mentre il marito no) e al termine dei quali si porrà anche il problema del suo sostentamento.

La cultura della Vita è diffusiva

La giovane mamma, F., si è presentata ieri al CAV col suo fidanzato da cui attende un figlio.

La suocera, che fu aiutata a suo tempo dal CAV, ha incoraggiata F. a portare avanti la gravidanza che inizialmente voleva interrompere, impegnandosi ad accoglierli in casa sua. La mamma di F., infatti, non ha accettato questa situazione e avrebbe voluto la soluzione più comoda dell’aborto.

F.si era infatti recata dal ginecologo, ma alla vista del bambino attraverso l’ecografia, i due giovani non hanno più esitato: si sono recati al CAV per chiedere un sostegno per questa nuova creatura malgrado le enormi difficoltà che avrebbero dovuto affrontare: al momento, infatti, non hanno né casa e né lavoro.

E’ vero che non è stata svolta nessuna azione diretta per dissuadere i due giovani dall’aborto da parte del CAV. Tuttavia abbiamo motivo di ritenere che la sensibilità della suocera verso la Vita, che è stata uno dei fattori determinanti alla decisione di Federica, derivi direttamente dall’azione del CAV che qualche anno fa la sostenne per far nascere il figlio.


Una situazione difficile...


La situazione di N. è molto difficile.

Ha un diabete di natura genetica e si sottopone per quattro volte al giorno a una terapia a base di insulina. E’ comunque ben seguita dai medici ed è tenuta sotto controllo in questa situazione di gravidanza.

La mamma è morta che aveva 7 anni e ora vive col padre. Attende questo bimbo dal suo fidanzato che però non ha un posto di lavoro fisso.

Ha già subìto un aborto spontaneo e ora ha desiderato, d’accordo il fidanzato, fortemente quest’altro bambino.

Il padre, al contrario, ha fatto di tutto perché abortisse. Analogamente anche il suo ginecologo, considerando la sua situazione di salute, ha fatto pressione su di lei per l’aborto.

N.presenta un lieve disturbo psichico e per questo l’assistente sociale dell’ospedale, con cui avremo al più presto un contatto per gestire assieme questo difficile caso, l’ha indirizzata al CAV.

Collaborazione con l'Associazione Famiglie Numerose

"La storia di A. ed E.è un po'  come tutte le altre. Due giovani  fidanzati che lasciano   il loro paese per trovare un po di fortuna in Italia dove dopo non molto tempo E. aspetta il primo figlio (6 anni) decidono quindi di lavorare tutt’e due ma con scarsi risultati tanto che alla nascita del bimbo decidono di vivere di elemosina andando per le chiese come stanno facendo tutt’ora.

Dopo un anno e mezzo E. è di nuovo incinta, ma questa volta ha una gravidanza a rischio infatti al quarto mese abortisce spontaneamente non sapendo che il bimbo che portava nel grembo era già morto da qualche mese rischiando anche la sua vita. A distanza di tre anni nasce un altro bambino (2 anni) . All’inizio di quest’anno arriva  la notizia che era di nuovo incinta ma lei, forte dell’esperienza traumatica di quella gravidanza ma anche per motivi economici, resta ferma nella sua decisione di abortire tanto era decisa che addirittura chiede a noi se ci fosse qualche medico che pratica l’aborto senza soldi.

E’ a questo punto che abbiamo appreso la notizia che E. è di nuovo incinta ma che vuole decisamente abortire. Non c’è verso per convincerla a non farlo, ma lei è imperterrita :”se non mi portate da un medico per abortire, me la vedo io” ci disse con fermezza. A questo punto l’ho dovuta “ricattare” dicendo che se lo avesse fatto non avrebbe più ricevuto un solo centesimo nè da me nè dagli altri della Parrocchia. Lei e il marito hanno riflettuto ma quando le ho detto che forse c’era la possibilità della fornitura gratuita dei pannolini si è messa dalla nostra parte decidendo di non abortire più ma chiedendo a noi ilo sostegno non solo economico ma anche morale perché ha tanta ma tanta paura di non potercela fare. Abbiamo messo tutto nelle mani di Dio.”

 



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