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Autore: Principe Carlo 17 feb, 2024
Come previsto, il cattolico ed ex coordinatore della Caritas diocesana Angelo Moretti, spinto anche da numerosi suoi amici, manifesta la volontà di far parte del partito democratico (PD) chiedendo di candidarsi nelle sue file. Il caso mi offre l’occasione per tornare sul tema, lacerante per la cristianità, quella beneventana in particolare, del comportamento dei cattolici in politica. Avevamo già stigmatizzato su queste pagine la natura anticattolica del PD (e della sinistra radicale). Partito che, archiviata la lotta per i diritti della classe operaia e dei contadini sfruttati dal capitalismo borghese, ha intrapreso quella per i “diritti civili”. Lotta che i suoi promotori definiscono per l’“inclusione”, ma che in realtà esclude proprio i più deboli e indifesi. Infatti, il diritto dei bambini a nascere, a non essere “prodotti” in provetta, a non essere oggetto di compravendita, ad avere una famiglia naturale, a essere educati dai propri genitori e non indottrinati nelle scuole, nonché il diritto dei vecchi e malati a una morte naturale, sono vilmente calpestati. E per togliere ogni dubbio circa le sue intenzioni mortifere, il PD si allea con Emma Bonino (la paladina dell’aborto, dell’eutanasia e delle droghe) e rinnova le candidature alla Cirinnà, alla Boldrini e a Zan che, com’è noto, si sono battuti per le unioni gay, l’aborto facile, l’eutanasia, la limitazione della libertà di espressione e il gender. Il PD non è un partito qualsiasi. Esso è parte di un sistema di potere finanziario/massonico (“il PD è figlio della massoneria”, disse l’ex gran maestro del Grande Oriente, Gustavo Raffi; tanti suoi esponenti, anche beneventani, sono massoni) che impone alla società la sua visione anticristica. Ce ne sarebbe abbastanza per stare lontano anni luce da questo partito e altri simili, ma evidentemente non basta. Tante persone, in buona fede e che si professano cattoliche (perfino preti!), lo voteranno accanto a chi odia la Chiesa di Dio. Questi sedicenti cattolici vanno a Messa la domenica, ma sono dissolti nel mondo gli altri giorni, dimenticando l’ammonimento di Cristo “Siete nel mondo, ma non del mondo” e quello di S. Paolo “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo”. Dovevano essere “il sale della terra” (Gesù), ma hanno perso il sapore e sono quindi inutili. Purtroppo, di fronte a questo sfacelo, chi deve ammonire e ammaestrare i tanti giovani, specie quelli inseriti nelle varie associazioni, spesso sta zitto. Il grido che costò la testa al Battista, “non ti è lecito!”, non lo leva quasi più nessuno: è poco “dialogico”, è “divisivo”, “meglio ascoltare”, dicono. Ma se chi deve ammaestrare tace, i falsi maestri, al contrario, sono molto loquaci. E grazie all’amplificazione dei media loro amici di cui godono, inoculano nelle menti di quei giovani i veleni delle proprie ideologie di morte. Grave è la responsabilità di questi “guardiani di Israele” che sminuiscono la Verità, il senso del peccato e della salvezza eterna operata da Cristo Crocifisso. Di essi dice bene Isaia: “sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare; sognano, stanno sdraiati, amano sonnecchiare (Is. 56:10)”! Al mio Vescovo, a cui più volte ho manifestato queste preoccupazioni, ai Pastori e agli educatori rivolgo un accorato appello affinché affrontino, prioritariamente e con decisione, quello che è il cuore della crisi della Chiesa: il declino spirituale e la perdita progressiva della fede. Pessimismo? No, è realtà. Solo a Benevento, infatti, nel periodo 2007/2018, si è avuto un crollo dei matrimoni religiosi del 35% (con un trend in peggioramento) e delle nascite (-43% e un saldo nati vs morti che passa da +35 a un tragico -488), lo svuotamento delle chiese dai giovani. Circa le vocazioni sacerdotali, la chiusura del seminario dice tutto. D'altronde Benedetto XVI lo aveva predetto: “La rinuncia alla Verità è letale per la fede”. E non può essere altrimenti: se Cristo è la Verità (“io sono la Via, la Verità, e la Vita”), rinunciando ad essa si rinuncia a Cristo stesso. Il Vangelo, del resto, è chiaro: “In principio era il Verbo” (Gv 1,1). Dunque il prius è il Parola, la Dottrina, la Verità. Perfino l’amore senza Verità è sterile sentimentalismo, come dice Benedetto XVI. Ai cattolici titubanti circa le prossime scelte politiche, propongo l’intervento di mons. Suetta, Vescovo di Ventimiglia il quale, con parole ben più profonde e autorevoli, esprime le mie stesse preoccupazioni. https://www.riviera24.it/2022/09/verso-le-elezioni-i-consigli-per-il-voto-del-vescovo-suetta-777633/ Carlo Principe Presidente del Centro di Aiuto alla Vita OdV – Benevento https://www.centrodiaiutoallavitabenevento.it/
Autore: Principe Carlo 01 apr, 2022
Non mi pento di aver contribuito (con stand, manifesti, broschure e articoli di stampa) alla sconfitta inferta ai radicali in occasione del referendum contro la legge 40. Ma ora, a 10 anni di applicazione di quella legge che regola ciò che l’antilingua chiama “Procreazione Medicalmente Assistita” (PMA), ma che per me è solo fecondazione artificiale (FA), è tempo di tirare le somme. Analizzando i dati delle relazioni annuale del Ministro della Salute nel periodo 2005-2011 e in particolare l’andamento del numero dei bimbi nati (meglio: “prodotti”), degli embrioni distrutti e della percentuale di coppie soddisfatte col bimbo in braccio, emergono due aspetti inquietanti. Da un lato, il crudele inganno di cui sono vittime le coppie che, nella speranza di evere un figlio, si accostano alle tecniche di FA: un incredibile 84% di esse, infatti, resterà delusa. Dall’altro, la distruzione di un numero enorme di embrioni, ben 85.428 nel 2011. E’ evidente che solo in vista di una restrizione delle pratiche di FA si sarebbe potuto giustificare la difesa di una norma comunque ingiusta come la legge 40, ma così non è stato. Anzi, malgrado i suoi “paletti”, essa non solo non è riuscita a limitare il ricorso alla fecondazione artificiale ma, al contrario, l’ha favorita. E’, infatti, aumentato di oltre il 58,1% rispetto al 2005 il numero di coppie che si è accostato ad essa, ben 73.570 nel 2011, col tragico corollario del notevole aumento, ben 60%, degli embrioni distrutti. Ignorata dal ministro, questa strage di esseri umani rende tragicamente grottesca e ipocrita l’affermazione della tutela dei diritti “compreso il concepito”(art 1, l.40). Una eterogenesi dei fini, dunque, della legge 40 dovuta, a mio avviso, a due motivi. Il primo è l’aumentata facilità di accesso ai sempre più numerosi (+12% in 10 anni) ed economici centri pubblici o convenzionati che eseguono la FA; il secondo è legato alla accresciuta percezione di legittimità morale della FA dopo che una legge di Stato l’ha resa legale. Insomma, la legge 40 si è rivelata un fallimento e un pro-life non la può più difendere. L’espansione senza freni del ricorso alla FA (sì al figlio, ad ogni costo) è un altro tassello che, in aggiunta all’allarmante quadro dell’aumento degli aborti delle minorenni e di quelli eugenetici (no al figlio, ad ogni costo), rende più chiaro l’abisso di schizofrenia morale in cui l’Italia sta precipitando. Ma ora occorre reagire. Per quanto mi riguarda insisterò su due veri obiettivi che il pro-life deve perseguire. Del resto, sono suggeriti da Madre Teresa di Calcutta. 1) Cancellare la legge 194, e già questo farebbe scomparire il 32% (studio Guis e Cavanna) dei 110 mila aborti annuali che diventerebbero, ancorché clandestini, circa 75 mila, ma che potrebbero ridursi con l’adozione alla nascita perché i bambini, altrimenti abortiti, troverebbero una famiglia nelle coppie sterili (pressoché di pari numero: 73,6 mila) che ora, con poca speranza e tanta sofferenza, si rivolgono ai centri per la FA. 2) Cancellare anche la legge 40 dopo aver facilitato l’accesso alle adozioni delle coppie sterili. E’ chiaro che per favorire l’abbandono del bimbo alla nascita da parte della gestante quale alternativa all’aborto, occorre promuovere una azione culturale per farle accettare, cosa non sempre facile, almeno la gravidanza. L’impegno per il mondo pro-life è grande, ma la posta in gioco è altissima: la vita di quasi 200 mila bambini l’anno e la felicità di tutte le coppie sterili, non solo di un esiguo 16%. So che la proposta sarà giudicata utopistica da quei pro-life che, svilendo la loro stessa esistenza, preferiscono volare basso puntando, con poco entusiasmo, su azioni di dubbia utilità. I credenti, invece, convinti che a Dio nulla è impossibile, riconoscono che il pro-life non può ripiegare, rassegnato, su obiettivi “fattibili” come fanno i politici, ma su quelli giusti ancorché ambiziosi. *Presidente del Centro di Aiuto alla Vita di Benevento
28 nov, 2021
Insistono, D’Agostino (Avvenire del 3/1/14) e Casini, nell’affermare che i giudici sbagliano ad appellarsi alla 194 per riconoscere il diritto a selezionare e scartare gli embrioni malati, perché a loro avviso tale legge, almeno nella lettera, non sarebbe eugenetica. Così si sono espressi dopo la recente questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Roma sulla legge 40. Ora, è un fatto che gli aborti legali dei bambini malati aumentano di anno in anno. Ce lo dicono fonti del ministero della salute: dal 1990 al 2010 si è avuto un incremento del 182% del numero di aborti oltre il primo trimestre a fronte di una riduzione del 33,3% degli aborti generali. Non meno inquietante è la realtà della legge 40. Malgrado i suoi “paletti”, essa non solo non è riuscita, come avrebbe dovuto, a limitare il ricorso alla fecondazione artificiale ma, al contrario, l’ha favorita. Sempre dai dati ministeriali, infatti, risulta un aumento di oltre il 50%, rispetto al 2005, del numero di coppie che si è accostato ad essa raggiungendo la cifra di ben 69.797 nel 2010. Non solo. Questa pratica si è rivelata una vera beffa per le donne se appena un esiguo 18% di esse ha avuto la soddisfazione del bimbo in braccio. La stragrande maggioranza - l’82%! - è rimasta delusa dopo aver speso fiumi di soldi e messo a repentaglio la salute. Un risultato modestissimo ma che è costato la distruzione di centinaia di migliaia di embrioni, ben 80.570 solo nel 2010, aumentati dal 2005 di ben 51%. Insomma, un vero disastro che dovrebbe indurre chiunque abbia un po’ di buon senso a buttare nella spazzatura sia la 194 che la 40 che, insieme, provocano ogni anno la morte di circa 200 mila bambini. Invece Casini e D’Agostino si ostinano a non riconoscere che i giudici, prima della Cassazione e poi del Tribunale di Roma, hanno ragione da vendere quando affermano che è preferibile eliminare l’embrione malato di pochi giorni che ucciderlo legalmente a 20/23 settimane. I 4 mila feti malati, abortiti ogni anno nel nome della 194, ne confermano la natura eugenetica come un fatto inoppugnabile. E a nulla servono le ipocrisie lessicali – che abbondano nella legge - sottilizzando che questi bambini sono uccisi non perché malati, ma per scongiurare il grave rischio per la salute psichica e fisica delle loro mamme. Sostenere il contrario significa adeguarsi alla logica menzognera della 194. Quello di D’Agostino e di Casini è un sofisma che trae origine dal loro rifiuto di riconoscere che sia la legge 194 che la legge 40 sono profondamente ingiuste e disumane perché in contrasto col diritto naturale, oltre che con la legge di Dio e il Magistero della Chiesa. E’ veramente troppo continuare a leggere sui giornali cattolici messaggi ambigui sulla Vita; è tempo della chiarezza. Come quella di Madre Teresa: a una mamma non può essere consentito di uccidere il figlio che porta in grembo, perché la pace nel mondo verrebbe compromessa. Se proprio non può tenerlo, dice, allora “datelo a me!”. Gridiamolo, finalmente: la legge 194 e la legge 40 vanno abrogate! Le mamme che non sopportano una maternità partoriranno i loro figli e li daranno in adozione. Niente più morti per aborto, niente più embrioni distrutti. E le 70 mila mamme sterili saranno tutte (altro che il 18%!) finalmente felici di avere un bimbo da amare. Altrettante saranno felici per non aver abortito. Altre si terranno il figlio – e saranno anch’esse felici - perché l’aborto sarà vietato dallo Stato (che però le aiuterà di più e meglio nella loro maternità). E’ così difficile puntare a questo ovvio obiettivo anziché ricorrere, come fanno D’Agostino e Casini (cui guardano, ossequiosi, troppi articolisti di Avvenire e Famiglia Cristiana), a contorsioni giuridiche pur di difendere due leggi di morte? E’ un mistero. Credo vivamente che il nuovo corso pro-life inaugurato con le Marce per la Vita debba far suo questo obiettivo, magari scrivendolo a chiare lettere in un manifesto. Tremo al solo pensiero che la sua vitalità ed entusiasmo possa spegnersi, come tristemente insegna la storia del declinante del Movimento per la Vita. Giovanni Paolo II, il grande Papa della Vita prossimamente Santo, saprà illuminarci. Carlo Principe
Autore: Principe Carlo 12 nov, 2021
Quella scena è un non ritorno. Le immagini ecografiche in sequenza sono implacabili: per la creatura di tredici settimane di vita che non nascerà e per lo spettatore in sala. «Accendi, Scotty» dice il medico all’infermiera incaricata di azionare l’aspiratore. Pochi secondi prima il feto aveva reagito rifuggendo dalla cannula della sonda intrusa che stava turbando la quiete del grembo materno. Si vede il non nascituro tentare, ritraendosi, una istintiva ascesa verso la parte superiore del sacco amniotico. Ma l’aspiratore entra in azione e in pochi secondi risucchia i piedini, le gambe, la spina dorsale, le braccia, le mani e la testa che, per ultima, scivola in quel gorgo annientatore. La scena lascia interdetti. È Unplanned (in proiezione nelle sale di tutta Italia), film statunitense che traspone sul grande schermo una vicenda autentica, quella narrata nel 2010 dalla diretta protagonista, Abby Johnson, nel libro omonimo poi pubblicato in Italia da Rubbettino con il titolo Scartati - La mia vita contro l’aborto. È la parabola di una ex dipendente della Planned Parenthood, l’organizzazione di cliniche abortive più potente d’America. Prima come giovane volontaria, poi come consulente psicologa, pian piano Abby fa carriera nell’organizzazione, convinta di lavorare per il bene delle donne, fino a diventare la direttrice di una delle più importanti cliniche abortiste in Texas e, nel 2008, viene persino nominata “dipendente dell’anno”. Poi un sabato mattina, il giorno di punta per la clinica, le viene chiesto eccezionalmente di entrare in sala operatoria per sostituire un membro del personale assente. E lì per la prima volta vede ciò la cui portata ignorava. Il dietro le quinte di un aborto indotto. Ne esce sconvolta e lascerà la Planned Parenthood (che la denuncerà, perdendo però la causa), diventando convinta e convincente attivista pro-life. Il titolo Unplanned (non previsto ovvero, anche, indesiderato) gioca naturalmente sul nome stesso dell’“abortificio” americano la cui mission esplicitata nella ragione sociale starebbe più asetticamente e incruentemente a indicare “genitorialità pianificata”. È quello che credeva anche Abby Johnson, all’inizio idealmente animata dall’intento di aiutare le donne incinte a superare il critico momento della solitudine, della vergogna nei confronti dei genitori e della incapacità a reggere il dramma di una gravidanza indesiderata, aggravato il più delle volte dal fatto di essere minorenni. Del resto per quel tunnel c’era passata lei stessa. Giovane studentessa universitaria, con il suo appartamentino pagatole dai genitori, si era fidanzata con il ragazzo sbagliato, di dieci anni più vecchio, capace solo di accompagnarla alla clinica per farla abortire, per ben due volte. Il film mostra molto, quasi tutto ciò che intende non nascondere allo sguardo e all’intelligenza del pubblico. Ed è anche questo che ha colpito da subito Federica Picchi che, con la sua Dominus Production, due anni fa ha deciso di acquistarne i diritti per l’Italia. Unplanned avrebbe dovuto uscire all’inizio dello scorso anno ma l’emergenza Covid con la chiusura delle sale lo ha impedito. Arriva invece ora, proprio mentre un film di tutt’altro orientamento è appena stato premiato con il Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia. Anche L’événement della regista francese Audrey Diwan (adattamento del romanzo autobiografico L’evento di Annie Ernaux) parla di aborto puntando però il dito contro la pratica clandestina e non contro l’aborto in sé. «Un film necessario Unplanned – dice Federica Picchi –, anzi molto più perché con la sua forza espressiva e narrativa permette di proiettare un fascio di luce negli abissi più profondi della storia dell’umanità, questa strage di innocenti. Il film è un pugno nello stomaco, ma alla fine ti abbraccia». Alla vigilia dell’anteprima milanese di giovedì il film era stato proiettato anche a Bologna ed è risultato il film del giorno con l’incasso più alto per sala. Un esordio che fa sperare, nonostante la programmazione di soli due giorni, un possibile potente impatto sul pubblico anche in Italia, dopo il grande successo avuto negli Stati Uniti due anni fa. Boicottato dalle grandi catene di distribuzione e censurato in molti Stati degli Usa (oltre che in Canada), nel suo primo fine settimana di proiezione il film aveva infatti raccolto oltre sei milioni di dollari. In totale, solo negli Stati Uniti, ha guadagnato alla fine oltre 21 milioni di dollari. Ma ancora maggiore è stato il successo in formato dvd, tanto da essere stato nel 2019 con 235mila copie il più venduto su Amazon. Eppure il film (girato da Cary Solomon e Chuck Konzelman) non vanta nemmeno un cast di particolare richiamo mediatico, con la partecipazione di Ashley Bratcher nel ruolo di Abby e di Robia Scott in quello della direttrice della clinica texana della Planned Parenthood, dove si svolgono i fatti. Nel nostro Paese Unplanned uscirà con il divieto di visione ai minori di 14 anni. «Una cosa sbalorditiva è la motivazione della commissione censura – spiega Federica Picchi –, che giustifica la restrizione parlando di scene scientificamente non realistiche. Ho fatto subito ricorso, e ne attendo l’esito, perché se c’è un film che mostra la realtà anche scientifica dei fatti è proprio Unplanned. Ho anche fatto visionare da medici esperti le scene in cui si mostrano i momenti drammatici e cruenti di un aborto indotto e di un aborto chimico e ho avuto conferma della loro piena autenticità. Altro che scientificamente inverosimili. Anzi, credo che sarebbe molto importante portare questo film nelle scuole». Ma la censura a Unplanned oltre che dalla commissione per la revisione cinematografica era arrivata, attraverso “mail bombing”, all’anteprima bolognese con la richiesta di annullare la proiezione ritenendo il film lesivo della dignità delle donne, irrispettoso delle scelte che compiono e scientificamente infondato. Nel mirino la definizione di «bambini», parlando delle vittime dell’aborto. «La letteratura scientifica preferisce parlare, nei primi tre mesi di gravidanza, di embriogenesi e di aggregato di cellule, nessun bambino quindi» si ribatte nelle mail che chiedevano l’annullamento della proiezione di Unplanned. Eppure, quell’«aggregato di cellule» che viene aspirato nella più inquietante scena del film “sembra” così perfettamente plasmato dalla natura da dare la netta impressione che si tratti proprio ed esattamente di un bambino. Con i suoi piedini, le gambe, le braccia, la colonna vertebrale e il capo, d’impulso, appena percepita la cannula della sonda, cercava di scappare, per tentare di continuare per altri cinque o sei mesi il suo viaggio verso la venuta al mondo
Autore: Principe Carlo 30 giu, 2021
Dopo il fallimento della manifestazione delle “Sentinelle in Piedi” del 19/6 contro il ddl Zan, solo 30 persone, per la scarsa presenza di Associazioni e per la totale assenza di giovani (solo 2, ma del Molise) e con la prospettiva di subire un’altra legge anticristiana, sento il bisogno di un confronto con voi per capire perché eventi pubblici riguardanti temi attuali e decisivi per la fede promossi nella Diocesi (“Sentinelle in Piedi”, convegni sul gender, Marce per la Vita), incontrano così pochi consensi e suscitano poco entusiasmo tra voi. Dite: “sono divisive”, “provocano lo scontro mentre noi cerchiamo il dialogo”, “sono aggressive”. Ma non trovo nelle Scritture il fondamento di tali obiezioni. Le manifestazioni pubbliche, al contrario, rendono visibili al mondo l’ardore dei cristiani nel difendere la Verità e nell’affermare che le leggi di Dio sulla Famiglia e Vita e la libertà di promuoverle, non si toccano. Il loro è uno stile mite, spesso gioioso per la presenza di bambini, senza slogan insultanti, ma determinato. Certo, sono “divisive” e “accendono lo scontro”. Ma il Vangelo cos’è se non la Buona Novella predicata pubblicamente da Gesù in un contesto di ostilità e di scontro? E quella della Chiesa nascente non è forse una sanguinosa e tragica storia di Santi che hanno dato la loro vita sull’esempio del loro Maestro? La realtà è che i cristiani, pur nella mitezza del loro atteggiamento, sono spesso oggetto di odio del mondo. Non può essere altrimenti: “hanno odiato me odieranno anche voi” (Gesù). Il perché lo conosciamo: “la Verità genera odio” (S. Antonio). Benedetto XVI precisa: “non sono i cristiani che si oppongono al mondo, ma è il mondo che si oppone ad essi quando chiamano il peccato e la Grazia con il loro nome”. Avete visto, ad esempio, quanto livore anticattolico ha scatenato la nota vaticana contro il ddl Zan? Ma la paura di scatenare l’odio e lo scherno del mondo non è un buon motivo per rinunciare a testimoniare la Verità. “La Chiesa non può tacere la verità, perché verrebbe meno alla fedeltà verso Dio Creatore e non aiuterebbe a discernere ciò che è bene da ciò che è male” (S. Giovanni Paolo II). Oppure, sempre il Santo: “Chi predica la verità professa Cristo. Chi invece nella predicazione tace la verità, rinnega Cristo”. Se, dunque, i giovani sono apatici e sonnacchiosi, chi fornirà le energie per difendere la Famiglia ridotta a “stereotipo”, una tra le tante, un ferrovecchio da rottamare? Chi difenderà la sua libertà di educare i propri figli senza rischiare di finire in una scuola ridotta a “campi di rieducazione” tanto esecrati da Papa Francesco? Chi difenderà i bambini e la Vita umana umiliata con la compravendita di gameti e calpestata dalla pratica dell’aborto e dell’utero in affitto che avrà, in nome della non discriminazione, maggior vigore con la legge Zan? Confesso la mia profonda pena nel vedere tanti giovani cattolici, appoggiati perfino da qualche sacerdote, dare il sostegno a quei partiti che promuovono proprio quelle leggi ingiuste. Sappiamo che le potentissime lobby, in odio alla Famiglia e la Vita, impongono la loro cultura perversa (l'arcobaleno, ormai, colora stadi, strade, piazze, media,…) e dettano ai politici loro cortigiani leggi per sovvertire l’ordine naturale voluto da Dio (vedi il ddl Zan e l’aborto approvato in europarlamento come “diritto umano”). Esortiamo, dunque, i nostri giovani con le parole di San Paolo: “non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”; e sproniamoli a uscire dalle sacrestie – siamo una Chiesa in uscita! - per testimoniare la propria fede: “combattete unanimi per la fede del vangelo, senza lasciarvi intimidire in nulla dagli avversari”. Ci consolano le parole di Gesù: “nel mondo avrete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo”. “E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?” (1Gv. 5-7). Grazie a chi vorrà condividere le sue osservazioni. Cristo regni! Sempre. Carlo Principe, presidente del CAV di Benevento OdV
Autore: Principe Carlo 01 mag, 2020
“Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio”. No, non è una “dichiarazione universale dei diritti della mamma e del bambino”, ma è l’incipit della legge nel cui nome, in 37 anni, sono stati abortiti quasi 6 milioni di bambini. Queste parole “tragicamente comiche”, come le definiva il grande Palmaro, sono solo un saggio dell’ipocrisia che contrassegna una legge che fu introdotta nel 1978 grazie alla propaganda menzognera fatta di numeri spropositati degli aborti clandestini e delle donne morte di aborto. Quanto al contenuto poi, nella 194 tutto è oltraggiato: la scienza, la legge naturale, il diritto penale, la Costituzione, il buon senso. E’ un diabolico capovolgimento della Verità trasformare, attraverso eufemismi, sofismi e contorsioni lessicali, uno strumento per dare morte in un nobile progetto per la tutela della maternità e, addirittura, della Vita. Sembra incredibile, ma è proprio alla forma così edulcorata della 194 che tanti cattolici, tra intellettuali e politici, si ispirarono per appoggiarla e ancora oggi si ispirano per esaltarla considerandola “buona”. Ne è un esempio la frase citata sopra, “lo Stato… tutela la vita fin dal suo inizio” che ha indotto, anche preti, ad affermare: “la 194 è nata per difendere la vita fin dal suo concepimento”. Con 6 milioni di bimbi abortiti ci vuole coraggio! Come pure c’è chi giura che la 194 “non è eugenetica”. Una plateale negazione della realtà di 4 mila bambini malformati abortiti ogni anno oltre i 90 giorni, in crescita esponenziale (+ 180% dal 1990), resa possibile da una delle manipolazioni formali di cui sopra. E’ bastato, infatti, scrivere che l’aborto oltre il primo trimestre è ammesso non per togliere di mezzo un bimbo malato, ma perché la sua malformazione procura alla donna un grave pericolo per la sua salute psico-fisica. Il risultato mortifero non cambia, ma per gli estimatori della “buona legge” non conta. Ma salta fuori anche una “194 dissuasiva dell’aborto” o che “la 194 non configura l’aborto come diritto” e ora, l’ultima perla: “per la 194 l’aborto è un reato”. Veder negare l’essenza stessa della 194 è decisamente troppo. Insomma, una penosissima gara tra cattolici e abortisti per magnificare una legge che ha un solo scopo: dare alla donna il potere di vita e di morte sul proprio figlio. E le “parti buone” che dovrebbero limitare questo potere, sono talmente vaghe (come l’inizio della Vita da cui sarebbe garantita la protezione, il limite all’aborto “terapeutico”, le patologie fetali “rilevanti” per limitarne il ricorso, il “serio - grave dopo il 90° giorno -pericolo”, come accertare questo pericolo, come aiutare la donna “a rimuovere la cause che la inducono ad abortire” ecc.) da risultare praticamente inutili. L’ipocrisia della 194 non risiede solo nell’aria fritta delle “parti buone”, ma anche nella sua impalcatura che pone al centro la salute psico-fisica della donna che ritiene di tutelare esclusivamente accogliendo la sua richiesta di aborto ma nascondendole che quell’aborto produce effetti dannosi, anche devastanti, proprio sulla sua salute. Ormai le sindromi del post-aborto sono una terribile realtà, come ben sanno le numerose associazioni che se ne occupano, ben documentata da studi che mettono in luce sia il legame diretto tra aborto procurato e patologie mentali (vedi il poderoso rapporto della dott.ssa Priscilla K. Coleman), sia quello tra aborto volontario e patologie fisiche come il tumore al seno (vedi la ricerca del 1994 sul Journal of the National Cancer Institute che documenta rischi superiori del 50% rispetto ad altre donne). Dunque, appare chiaro che l’aborto volontario è per la donna più pericoloso di una maternità non voluta e averlo legalizzato ha significato procurarle un danno maggiore. La legge, dunque, si fonda su una menzogna (l’aborto come terapia e la sua legalizzazione come “male minore”). Ci sarebbero tutti i presupposti per abrogarla e trattare la maternità non voluta in maniera diversa come, ad esempio, l’adozione. E allora, perché nessuno se ne occupa? Perché i politici cattolici non pongono la questione in Parlamento? Perché nel dibattito pubblico il “problema” sembra non esistere? Domande che richiederebbero risposte immediate vista la posta in gioco (la vita del bambino e la salute della donna), ma nessuno le dà, anche perché nessuno le pone. Anche queste terribili contraddizioni vogliamo mettere a nudo partecipando alla Marcia Nazionale per la Vita il 10 maggio.
Autore: Principe Carlo 01 mag, 2020
UN FUTURO PREOCCUPANTE Il crollo delle vocazioni sacerdotali e matrimoniali, la fuga dei giovani dalla pratica religiosa, sono sintomi di una fede che, almeno a viste umane, anche a Benevento si spegne. Padre di cinque figli e con una lunga esperienza nel Centro di Aiuto alla Vita che verso il mondo giovanile svolge un intenso lavoro culturale (vedi il suo sito www.centrodiaiutoallavitabenevento.it alla pagina “attività culturale”) propongo un’analisi di ciò che ritengo essere una delle cause di questa crisi. IL FALSO DIALOGO CHE, CON AMBIGUITA’ E SILENZI, SOTTACE LA VERITA’ Lo slogan “Giovani, finestre di dialogo”, tema di un convegno sui giovani di qualche anno fa, sintetizza lo stile che è alla base della pastorale giovanile beneventana: con i giovani, cioè, occorre dialogare, ascoltare, discutere. Un approccio corretto se non diventasse, talvolta, un processo senza fine e senza fini che pone in sordina quelle parti “dure” della Parola di Dio e della morale cattolica nel timore di mostrare una chiesa dal volto troppo rigido. I fatti che seguono avvalorano questa constatazione. Qualche anno fa gli attivisti LGBT organizzarono a Benevento il gay pride regionale. Quale migliore occasione per spingere i giovani beneventani, desolatamente chiusi nel mondo asfittico delle sacrestie, a testimoniare la loro fede difendendo pubblicamente la Famiglia naturale, opera altissima del Creatore e immagine della Trinità, attaccata oggi ferocemente dalla cultura omosessualista? Non è stato forse papa Francesco a sollecitare i vescovi a mobilitarsi contro la “colonizzazione ideologica e lo tsunami del gender”? E invece gli organismi preposti della Diocesi, la Consulta dei laici e la Pastorale giovanile, sollecitati a reagire a quella provocazione, risposero con l’immobilismo e il silenzio. Anzi, la proposta del CAV di promuovere una conferenza per i giovani sui pericoli del “gender” fu stroncata da due sacerdoti con un: “non è opportuna in questo contesto” e la frase (monca) del Papa “chi sono io per giudicare?”. Analogamente, un apostolato sull’amore casto tra fidanzati svolto per le strade di Benevento e guidato dai giovanissimi religiosi del Verbo Incarnato di Montefiascone e dal gruppo giovanile ad esso collegato, le Voci del Verbo, ebbe un grande successo tra i giovani fermati (v. sito del CAV pag “Amore puro”) ma fu accolto a Benevento con imbarazzo se non con irrisione. Silenzio anche con i giovani scout che chiesero alla Chiesa beneventana di accettare le unioni omosessuali: nessuno ricordò loro San Paolo: “né effeminati, né sodomiti erediteranno il regno dei cieli” (Cor 6,9) e neppure coloro che approvano quegli atti contro natura (Rm 1, 26). Ai silenzi si accompagnano, talvolta, messaggi ambigui come quelli che si colgono entrando nella sede della Pastorale Giovanile. Qui si offrono ai giovani modelli di oscuri personaggi, già idoli dei centri sociali, come il rivoluzionario pluriomicida Ché Guevara e il tossicomane e alcolista John Lennon (ucciso a colpi di pistola a 40 anni) i cui detti compaiono su una parete accanto a quelle di martiri e santi. Non c’è dubbio che almeno in questi casi la Chiesa, o alcuni suoi settori, abbia abdicato al suo ruolo di “Mater et Magistra” rinunciando ad annunciare ai giovani frastornati la Verità sull’uomo e il disegno di Dio sulla Famiglia e la sessualità. Non meraviglia, allora, se tra i giovani cattolici dilaga l’ignoranza religiosa e la confusione morale (diversi di essi sfilarono nel gay-pride a gridare lo slogan “Love is Love” accanto agli attivisti LGBT) che sono alla base dell’oscuramento del senso del peccato e, quindi, del bisogno della Misericordia di Dio e di salvezza. La chiarezza dottrinale, scambiata per “rigidità”, può forse allontanare qualcuno (quanti ne ha persi Gesù!), ma è certo che “liquidità”, che fa troppo somigliare la Chiesa al mondo, non affascina nessuno. IL DECLINO E’ LA SORTE DELLA CHIESA CHE TOLLERA IL PECCATO Come rivela un’indagine del CAV, su 650 studenti delle scuole superiori beneventane (pag. “Amore Puro” del suo sito), tra i giovani cattolici è diffusa l’accettazione dell’aborto, della contraccezione, dei rapporti extra matrimoniali, delle convivenze. Un quadro drammatico che richiederebbe la presenza di maestri capaci di illuminare, ammonire, correggere. E invece troppo spesso quei giovani trovano il dialogante dal linguaggio “soft”, che parla per slogan, che rimuove, perché giudicate troppo dure, le parole “peccato” e “inferno” rendendo incomprensibile la venuta di Gesù Salvatore e il senso stesso della fede cristiana. Sheman Boquet, sacerdote e presidente dell’Human Life International, è lapidario: “dove aborto e contraccezione sono accolti, la Chiesa declina drammaticamente. Questo è il motivo per cui i sacerdoti non possono stare zitti. Dobbiamo proteggere il nostro gregge ricordando a tutti che il compromesso con questi mali mai, sottolineo mai, porta a un miglioramento della Chiesa”. A tal proposito, che dire di una pastorale giovanile che passa sotto silenzio il 40-ennale “dell’iniqua” (EV) legge 194 con i suoi 6 milioni di aborti? Perché, ad esempio, non è stata proposta ai giovani una riflessione sull’Evangelium Vitae o una mobilitazione alla Marcia Nazionale per la Vita per testimoniare il loro no all’aborto che solo a Benevento spazza via ogni anno 400 bambini? Quale futuro può avere una Chiesa se sull’aborto, come sui rapporti contro natura, entrambi peccati che “gridano al Cielo” (CCC), lascia scendere un inquietante e incomprensibile silenzio? I GIOVANI SONO ATTRATTI DAL VERO GESÙ NON DA UNA SUA CARICATURA Se la Verità è oscurata, anche l’immagine di Gesù Cristo, che ne è l’essenza - “Io sono la Verità” - appare sbiadita. Perché, piaccia o no, il vero Gesù è anche quello che scaglia la sua furia contro i mercanti del tempio o che provoca i farisei e gli scribi trasgredendo il sabato e le loro prescrizioni apostrofandoli, perfino quale ospite in casa loro (Lc, 17, 37), con il poco carino: “ipocriti! sepolcri! guai a voi!” E’ anche il Gesù che insiste con frasi, presenti in ben quattro pagine su dieci del Vangelo (contate in Matteo), di questo tenore: “via da me maledetti nel fuoco eterno” a chi omette il soccorso al bisognoso (“E se ne andranno, questi al supplizio eterno”), che esorta a tagliare la mano e a cavare l’occhio pur di evitare l’inferno, che minaccia la “geenna, dove c’è pianto e stridor di denti”, a chi chiama “pazzo” il fratello. Questi ammonimenti “duri” di Gesù, spesso rimossi con imbarazzo, rivelano in realtà solo l’amore del Padre preoccupato che i Suoi figli possano usare la loro libertà per dannarsi. Ecco perché il vero Gesù è molto esigente e tutt’altro che accondiscendente. Dice Benedetto XVI: “un Gesù che approva tutto è un Gesù senza la Croce, perché allora non c’è bisogno del dolore della Croce per guarire l’uomo. Senza la sua santa ira, senza la durezza della verità e del vero amore, non è il vero Gesù delle Scritture, ma una sua miserabile caricatura”. E i giovani non amano la falsità, vogliono che si parli loro del vero Gesù, l’unico che, avendoli amati sacrificando la Sua vita per loro, può attirali a Sé: “quando sarò innalzato li attirerò tutti a me” (Gv. 12,32). “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19,37). Diversamente si volgeranno, come oggi fanno in tanti, agli idoli dei centri sociali. Dice Costanza Miriano, sapiente scrittrice e mamma di quattro ragazzi: “I giovani hanno sete di radicalità, di assoluto, di cose grandi. I sacerdoti che hanno il maggior seguito di ragazzi sono quelli che più che stare ad ascoltarli, annunciano loro la radicalità di Cristo: senza di me non potete far nulla. Che dicono loro chi è il vero nemico: è il diavolo, è il peccato, e il campo di battaglia il nostro cuore, e la meta la vita eterna. Non cercano di lisciare loro il pelo, non li assecondano. Se tu, scimmiottando il mondo, proponi ai giovani lo spettacolino, lo svago, io, giovane, me ne vado da un’altra parte, dove trovo sapori più forti. I giovani odiano istintivamente la mediocrità. Non c’è bisogno di convincere le folle, basta qualcuno, qualche giovane santo come Jose Sanchez Del Rio, Giacinta e Francesco Marto, Chiara Corbella Petrillo, Carlo Acutis”. Questi giovani santi possono essere luce per tanti ragazzi che come loro ardono del desiderio di trovare l’unico Cibo che sazi la loro fame di vita. Carlo Principe - Presidente del Centro di Aiuto alla Vita Benevento – ONLUS
Autore: Principe Carlo 01 mag, 2020
Considero Marina Corradi una delle penne più intelligenti e lucide di Avvenire. Per questo ho letto con molta attenzione il suo editoriale sul n° del 3 dicembre scorso “Quei pilati «incompetenti»”. Neppure lei, tuttavia, riesce ad uscire dal “politicamente corretto” di una cultura oggi largamente diffusa nel mondo cattolico sul tema dell’aborto. Prima di tutto è evidente un fatto: i politici di oggi, compresi quelli che si dichiarano cattolici, hanno rinunciato, non è chiaro se per paura, per incapacità o per rassegnazione, non dico a combattere, ma almeno a denunciare l’iniquità della legge 194 fonte di un disumano diritto all’aborto. Qualunque persona ragionevole riconosce che accettando, o almeno tollerando, tale diritto, ogni argomentazione in difesa della vita è debole e poco convincente. “Sulla pelle della donna” titola Avvenire sullo stesso numero. Ma per quanto seria, è forse decisiva l’eccezione della pericolosità della RU 486 per la donna? Non credo. Sia perché i fautori della pillola risponderanno, ed è difficile dare loro torto, che 29 morti su milioni di donne che l’hanno usata rientrano nel rischio che hanno altri mezzi abortivi e che in ogni caso la donna informata può sempre decidere liberamente di rifiutarla, sia perché essi capiscono benissimo che l’argomento è usato a pretesto per opporsi alla RU486. Come pure debole è l’obiezione secondo cui la RU 486 pone forti rilievi di compatibilità con la legge 194. Si capisce che i fautori della pillola, in primis i poteri economici delle case farmaceutiche sostenuti da lobby massoniche e neo-malthusiane e poi gli ideologi dell’aborto libero, puntano a semplificare l’aborto rendendolo semplice come bere un bicchier d’acqua, ma a me sembra ingenuo opporsi a questo disegno facendo leva sulla obbligatorietà del ricovero previsto dalla legge 194 e confidando sul rifiuto della donna ad accettare la più lunga degenza ospedaliera (4 giorni e oltre) rispetto al day hospital dell’aborto chirurgico. L’unico vero motivo per opporsi alla pillola è che essa uccide un bambino innocente; la pericolosità per donna è semmai un’aggravante e non il motivo principale. Lo sanno bene i cattolici che affermano che la 194 “è una buona legge” ma non possono sostenerlo senza cadere in contraddizione. Ecco allora che aggirano il problema facendo pateticamente leva sul labilissimo argomento del rispetto della 194. A parte la contraddizione di chi, anziché esecrare la 194 di cui la pillola mortifera è figlia, ne lamenta la violazione, (“l'articolo 5 prevede una procedura rispettosa della donna, ma dissuasiva dall'aborto” , dice addirittura il teologo Lorenzetti su Famiglia Cristiana), non è grottesco, oltre che paradossale, argomentare il proprio pensiero in difesa della vita evocando proprio la legge che la uccide? I fautori dell’aborto sono i primi a meravigliarsene: “di certo la RU486 ha prodotto un nuovo effetto: ha convinto politici e non, che da sempre osteggiano la 194, a difenderla” dice, ad esempio, il giornalista Mario Reggio su “La Repubblica” del 19/10/09. Ma c’è da evidenziare un'altra deriva culturale di una parte del modo cattolico. Riguarda il cosiddetto “dramma della donna”, locuzione magica che mette tutti d’accordo da destra a sinistra. Parlare o, peggio, straparlare di “dramma della donna”, di questo autentico feticcio culturale, è fuorviante perché sposta ingiustamente il centro dell’attenzione dal diritto, infinitamente superiore, alla vita del bambino a quello alla salute psicofisica della donna presentata, senza nessun distinguo e con troppe forzature, anch’essa come vittima dell’aborto nonostante sia lei stessa a richiederlo (salvo dovute eccezioni, beninteso) in piena libertà. E’ la logica buonista che esclude colpevoli nell’aborto procurato riservando per la donna sempre e solo comprensione, mai responsabilità (fosse pure per quella che tradisce il marito o che conduce una vita sessuale sregolata). Questa deriva, che oscura pericolosamente il vero significato dell’aborto, l’uccisione deliberata di un innocente, traspare purtroppo anche sulle pagine di Avvenire con articolisti come Assuntina Morresi, Eugenia Roccella e Gianni Gennari. La stessa acuta Marina Corradi nel suo editoriale, al bambino non dedica che poche righe mentre parla della donna, con una improponibile generalizzazione, come una povera vittima sacrificata sull’altare degli interessi dei mercanti del farmaco. Ma se la salute psicofisica della donna fosse veramente a cuore di tutti, abortisti e non, essi dovrebbero riconoscere che è l’aborto procurato, chimico o chirurgico poco importa, e non certo una maternità, a provocare le peggiori conseguenze – le devastanti sindromi post-aborto - sulla sua salute. Per tale motivo – ovvero per amore stesso verso la donna - l’aborto va vietato e non favorito rendendolo libero e assistito. E invece la 194 resta lì granitica e indiscussa perché “è una buona legge solo da applicare meglio” come da 32 anni si va ripetendo. E così, nell’incapacità, o nel timore, di affrontare nella maniera più giusta il tema della vita, ai giovani viene lanciato un messaggio culturale confuso e devastante: essi restano frastornati da coloro che dicono di condannare l’avvelenamento del bambino con una pillola, ma ne tollerano la morte per smembramento chirurgico. O che affermano di preoccuparsi della donna – che, ripeto, ha piena responsabilità di scelta – la quale potrebbe restare traumatizzata alla vista dell’embrione espulso nel water di casa, ma sono acquiescenti se, in nome della sua libertà, sceglie l’aborto veloce in ospedale. Il bambino nel grembo materno condannato a morte ha davvero poco da sperare da coloro che riducono il problema della difesa della sua vita a una scelta di come deve morire. Temo che questa ulteriore bruciante sconfitta, l’introduzione della RU486 anche in Italia, non servirà molto a far riflettere coloro, politici e non, che hanno rinunciato ad affermare tutta intera la Verità sull’aggressione alla Vita umana innocente. Verità racchiusa nella mirabile – e poco citata perché politicamente scorretta - enciclica Evangelium Vitae in cui Giovanni Paolo II pronuncia parole di fuoco sulla legalizzazione dell’aborto e sui parlamenti che l’hanno introdotta: “quando una maggioranza parlamentare decreta la legittimità della soppressione della vita umana non ancora nata, assume una decisione tirannica nei confronti dell’essere umano più debole e indifeso” (EV n° 70). Inutile, dunque, girarvi intorno: il cuore del problema politico della difesa della Vita in ogni stadio è tutto racchiuso qui. Per affrontarlo non c’è che una strategia: suscitare una classe politica che si impegni ad eliminare la barbarie della legalizzazione dell’aborto. In Italia e in Europa. Quella attuale, tranne qualche rara eccezione, è inadeguata per tale obiettivo. Incapace di uscire dalla logica del politicamente corretto essa conduce solo battaglie innocue. E sempre perdenti. Ma poiché la politica si nutre di consenso, il primo passo da compiere è chiamare in causa la gente la cui sensibilità all’aggressione della vita è più alta di quanto si possa immaginare. Non a caso le uniche vittorie (Family day, referendum legge 40 e l’espulsione dal parlamento delle frange di estrema sinistra) le abbiamo avute quanto il popolo è sceso in campo. Occorre dunque promuovere una forte azione culturale (le famose condizioni di cui tutti lamentano l’assenza senza mai muovere un dito per crearle) attraverso i grandi mezzi della comunicazione di massa. Mi auguro che Avvenire, la nostra ammiraglia, ritrovi finalmente il coraggio di compiere la svolta decisiva per condurre questa battaglia di Verità. Nel mio piccolo rilancerò, non so ancora con quali risorse, la diffusione di pieghevoli sulla 194, nella speranza di arrivare a diffonderne in Italia almeno un milione (la chiesa spagnola, convinta della bontà di uno strumento agile, sintetico ed economico come la brochure, per opporsi alla proposta di legge abortista di Zapatero, ne ha diffuso ben 8 milioni!). Oltre a smantellare scientificamente i ridicoli luoghi comuni fatti propri anche da tanti cattolici (come la riduzione degli aborti grazie alla 194), in esso è proposto il semplice e altissimo obiettivo che, mi auguro, sia fatto proprio dal “popolo della vita” (a cui chiedo di non disperdere le proprie energie in battaglie, anche buone, ma innocue): Cancellazione della 194, sostenere concretamente la maternità e favorire ulteriormente l’adozione del bambino alla nascita anche per ridurre lo scempio della Vita legato alla fecondazione artificiale. Alla donna che non accetta la maternità verrà chiesto responsabilmente il peso (ma il “sacrificio” è così insopportabile?) di una gravidanza. E’ la logica sapiente di Madre Teresa di Calcutta. E noi staremo con lei e con Giovanni Paolo II, due Santi che tolgono ogni dubbio a chi ritiene utopistica questa proposta, la sola capace di rendere questo mondo meno disumano. Sapremo cogliere questa sfida, rinunciando al volo basso, in quanto cristiani? Carlo Principe Presidente del Centro di Aiuto alla Vita - Benevento
Autore: Carlo Principe 29 apr, 2020
Avevo sperato che non fosse vero. E invece, nel pieno della pandemia, anche nella nostra Città di Benevento continua la pratica dell’aborto. Deve essere garantito perché, dicono, è un “servizio essenziale”. In un tempo in cui in Italia si respira la morte, anche nell’ospedale intitolato al Santo della nostra Terra che sull’aborto ha usato espressioni di fuoco, si continua ad uccidere la vita innocente e indifesa nel nome di un presunto diritto alla libera scelta della donna.
Autore: Carlo e Annamaria Principe 31 ott, 2016
Non tutti colgono la profonda correlazione esistente tra purezza e sacralità della Vita. San Giovanni Paolo II, nell’Evangelium Vitae, la evidenzia: “La banalizzazione della sessualità è tra i principali fattori che stanno all'origine del disprezzo della Vita nascente: solo un amore vero sa custodire la vita". Altrettanto forte è il legame tra purezza e sacralità della Famiglia, opera più alta di Dio Creatore. I fidanzati che “bruciano” le tappe dell’amore lasciandosi soggiogare dalla carnalità, non solo mortificano la sessualità, dono di Dio per amare, ma costruiscono la loro famiglia sulla sabbia. Lo spiega chiaramente Benedetto XVI: “Bruciare le tappe finisce per “bruciare” l’amore, che invece ha bisogno di rispettare i tempi e la gradualità nelle espressioni; ha bisogno di dare spazio a Cristo, che è capace di rendere un amore umano fedele, felice e indissolubile”. Un rapporto ridotto a fisicità è debole e fragile. Tanti matrimoni vanno in frantumi perché tra gli sposi affiorano quelle divergenze che la schiavitù del sesso, da fidanzati, ha reso impossibile scoprire. Sempre Benedetto XVI: “Non pensate, secondo una mentalità diffusa, che la convivenza sia garanzia per il futuro”. La Chiesa insegna che l’espressione genitale della sessualità è riservata al Matrimonio, un patto di amore totale e definitivo. Questa verità è parte del progetto di Dio sull’amore umano. E si capisce perché: il rapporto sessuale è legato al mistero della Vita e della sua trasmissione. E un figlio, per maturare integralmente, ha bisogno di respirare l’amore totale e perenne dei suoi genitori. Amore che esige sacrificio e dono di sé, che solo la Grazia del Sacramento del Matrimonio può sostenere. La convivenza che rinvia a tempo indeterminato il matrimonio - sempre più ridotto a un vuoto, quanto costoso, rito di convenienza sociale - calpesta e svilisce questo Sacramento. Perché sposarsi in Chiesa, infatti, se i fidanzati compiono, senza percepirne il disordine, i gesti che sono propri del Matrimonio? Papa Francesco, ammonisce: “C’è una distinzione tra l’essere fidanzati e l’essere sposi, che la Chiesa da sempre custodisce in vista della delicatezza e della profondità di questa verifica”. La coppia convivente che esclude il “per sempre”, più facilmente esclude, con la contraccezione e l’aborto, anche un figlio, vera scommessa sul futuro. Al contrario, i fidanzati che vivono castamente la loro relazione fanno di tutto, spinti anche dal desiderio di donarsi nella gioia di un amore totale, per accelerare il giorno delle nozze e formare così famiglie giovani e feconde. Ecco perché l’aumento delle convivenze è all’origine, non solo del pauroso calo dei matrimoni religiosi (con un ritmo tale - 10 mila in meno l’anno - che, fra qualche decina d’anni, di essi non resterà che il ricordo), ma anche del crollo delle nascite che fa dell’Italia il Paese meno fecondo al mondo. La violazione della legge di Dio sulla purezza, dunque, oltre a compromettere la salvezza dell’anima (nessun fornicatore, o impuro, o avaro - cioè nessun idolatra - ha in eredità il regno di Cristo e di Dio”, dice san Paolo), ferisce profondamente anche la società. Per salvare la famiglia e la vita, dunque, è urgente “offrire soprattutto agli adolescenti e ai giovani l’autentica educazione alla sessualità e all’amore, un’educazione implicante la formazione alla castità, quale virtù che favorisce la maturità della persona e la rende capace di rispettare il significato «sponsale» del corpo. (Papa Wojtyla, EV 97). Ecco il senso dell’iniziativa “Ottobre per la purezza” svolto per le strade e nelle scuole di Benevento. Dio ha voluto che ad animare questo apostolato fossero i giovani delle “Voci del Verbo”, i numerosi religiosi, tra sacerdoti, suore e seminaristi, dell’Istituto del Verbo Incarnato, uno splendido ordine fecondo di vocazioni sacerdotali e religiose, e anche delle famiglie. Attraverso incontri per strada e nelle scuole, questi apostoli hanno testimoniato la bellezza della castità e annunciato ai giovani Cristo nel Vangelo delle beatitudini: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”. E questi giovani si sono mostrati attenti e desiderosi di informarsi sul tema della purezza, tanto decisivo per la loro vita, quanto coperto da un irresponsabile e generale silenzio. Silenzio che Madre Teresa di Calcutta, appena proclamata santa, ha definito senza mezzi termini, “impuro”. Impegnarsi in questo apostolato è difficile, perché è fuori della logica del mondo. Chi lo fa rischia la derisione e l’accusa di oscurantismo, perfino da uomini di Chiesa. Ma Benedetto XVI così li incoraggia: "Non abbiate paura di apparire diversi e di venire criticati per ciò che può sembrare perdente o fuori moda: coloro che sembrano più lontani dalla mentalità e dai valori del Vangelo, hanno un profondo bisogno di vedere qualcuno che osi vivere secondo la pienezza di umanità manifestata da Gesù Cristo”.
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